di Ignazio Cutrò
La
mia storia, la mia difficile e quasi stancante storia, sembra essere
arrivata ad una svolta. Questa mattina, tra la commozione della mia
famiglia, ho ricevuto il Durc, il documento unico di regolarità
contributiva. Con questo "pezzo di carta" potrò tornare a lavorare,
potrò partecipare nuovamente alle gare d'appalto pubbliche. Vi parlo
della commozione della mia famiglia perché proprio quel "pezzo di carta"
era la cosa che attendevamo di più da quando siamo entrati in questo
tunnel che sembrava interminabile, da quando la nostra vita è stata
cambiata, da quando la nostra quotidianità è stata alterata dalle
intimidazioni, dalle minacce, dagli sguardi "storti" della gente, dalla
continua solitudine per via del fatto che noi eravamo "sbirri".
Quando
ho ricevuto le prime intimidazioni è stato come ritrovarsi dinnanzi ad
un bivio: una strada indicava la via della giustizia, la via della
collaborazione con lo Stato al fine di aiutare a debellare quella
montagna di merda che è la mafia; questa stessa strada era quella che mi
permetteva di camminare a testa alta, di non avere rimorsi quando mi
guardavo allo specchio e quando guardavo negli occhi i miei figli.
L'altra strada, invece, era quella dell'omertà, del silenzio, ma allo
stesso tempo della continuità: prendendo questa strada non sarebbe
cambiato nulla, ma non avrei mai potuto essere in pace con me stesso.
Ho
così scelto di aiutare lo Stato. Oggi sono un testimone di giustizia.
Dopo un percorso con tante difficoltà, sostenuto dall'affetto
insostituibile di mia moglie, sono riuscito ad ottenere questo status.
Io e la mia famiglia abbiamo iniziato ad avere la scorta, a camminare
per il paese sulle auto blindate e con due carabinieri armati al fianco,
24 ore su 24.
Di
certo, quello che non mi sarei mai aspettato è stato il dover
"combattere" contro la burocrazia. Il Durc, il documento di cui oggi vi
parlo, è necessario per partecipare alle gare pubbliche. I danni che ho
subito dalla criminalità organizzata mi hanno ridotto al lastrico. Non
ho così potuto pagare contributi e tasse, nonostante abbia avuto la
sospensiva prefettizia di cui i testimoni di giustizia possono
avvalersi. Insomma, la mafia la stava per avere vinta. Il raggiungimento
del loro obiettivo, quello di distruggere la mia azienda, stava per
arrivare.
E'
stato terribile, credetemi, sentirsi impotenti dinnanzi ad una così
complicata ed articolata burocrazia, pur essendo una vittima della
criminalità che lo Stato combatte fortemente, quello stesso Stato dal
quale ho atteso per anni questo documento.
Oggi
mi sento di festeggiare. Sì, proprio così. Perché il fatto di poter
tornare a lavorare, il fatto di poter rialzare l'azienda alla quale mio
padre tanto teneva, è la cosa che attendevo di più. E per questo devo
ringraziare chi si è speso per questo, come la Confartigianato Sicilia,
Confindustria, il ragioniere Giovanni Alessi, Gaetano Montalbano,
promotore del “Comitato Cutrò” che vede unite diverse associazioni per
starci vicino e supportarci nei momenti più cupi della nostra avventura e
voglio ringraziare i tanti amici che mi sono stati accanto in momenti
di debolezza che, inutile nasconderselo, a volte mi hanno fatto pensare
di abbandonare tutto. Un ringraziamento anche al mondo politico, quella
parte che è stata in prima linea per risollevare le sorti di Ignazio
Cutrò e di quanti altri combattono contro i mulini a vento e quella
parte che non ha saputo in tempo.
Un
mio amico me lo dice sempre: “Tu sei testa dura”. Ecco, forse è stato
proprio quello che mi ha “premiato”. Non ho mollato, non ho voluto
lasciare questa terra dove mio padre ha sudato sangue per darmi un
futuro. Ecco perché oggi è un giorno di festa.
Ma
il mio impegno non finisce qui. Con l'associazione che presiedo,
“Libere terre”, andrò in cerca anche di questi casi, di gente vittima di
danneggiamenti da parte della mafia che non riesce a rimettere in piedi
la propria azienda. La mafia non si combatte solo con gli arresti e le
confische. La mafia, secondo me, va combattuta anche con il contrasto
nei settori in cui essa è più radicata e forte. E allora, come meglio
fare se non aiutare le imprese pulite, togliendo terra e lavoro alla
mafia? Questo sarà il mio impegno.
In
conclusione voglio ringraziare tutti: l'Arma dei carabinieri tutta, dal
primo all'ultimo carabiniere, tra tutti il generale Amato, comandante
della Legione carabinieri Sicilia. E' come se i carabinieri ci avessero
accolto nella loro famiglia, proteggendoci e confortandoci; è stato e
tutt'ora è uno splendido esempio di come lo Stato funzioni, di come
esista il rapporto tra l'istituzione e il cittadino. Grazie alla
Direzione distrettuale di Palermo, nella persona del procuratore
Vittorio Teresi, una persona affabile ed estremamente disponibile.
Grazie al magistrato Salvatore Vella, che ha sostenuto me e tutta la mia
famiglia durante i momenti più bui di questa storia, e grazie alla
magistratura tutta.
Infine,
concedetemi un "augurio": ora e sempre: in culo alla mafia. Oggi la
mafia ha perso, la legalità ed i siciliani hanno vinto 10 a 0.